UN REALLY CON VALLANZASCA

Nel blog non ho mai parlato di Uber. E’ un tema caldo ed io, ormai, sono un’eremita della Categoria. Ovviamente sono di parte ma non pretendo di avere grandi verità da esprimere. Facciamo parlare i fatti. Ci sono circostanze in cui non guido. Mi capita, per esempio, di far serata con gli amici, tirare tardi e magari bere una birra in più. Del resto, l’ho messo nero su bianco: “…sono vittima di un’educazione puritana, seppure tutt’altro che ascetica…  Mai al volante in questi casi, eppure in qualche modo dovrò pur far ritorno a casa… Ecco il piano! Negli anni ne ho portati di ubriachi… Una delle tragedie più grandi per un tassista è il cliente che non regge l’alcool, quello che ti lascia in mancia ciò che ha nello stomaco. E così, mi son detta: Uberpop, Hai voluto le ruote… Te la do’ io l’app!!
“Sono cull! SonoTrendy! Sono al passo con i tempi! Sono, spero, davvero ubriaca perchè se questo è il mio essere sobria, allora sto davvero messa male!”

Il mio ultimo neurone, prima di suicidarsi, ha prodotto un pensiero: non salirei mai sull’auto di uno sconosciuto. Seppure, in genere, non ho un grande rapporto con la paura.  Gli autisti dei taxi sono soggetti a controlli di ogni tipo: stato dell’auto, condizioni psicofisiche, fedina penale, controlli fiscali, lingue straniere, conoscenza non solo delle strade, dagli hotel ai musei, dai locali agli ospedali. A volte accade che il Comune ricorra a sanzioni.
Forse non è stata solo la paura a farmi cambiare idea ma un sentimento più triste, legato alla consapevolezza che la crisi, o ciò “che fa figo”, sia un alibi per svilire ogni professionalità, in ogni settore. Se davvero basta una macchina qualsiasi, un autista libero da ogni inquadramento fiscale e professionale, allora, preferisco davvero un really con Vallanzasca, almeno è più interessante dell‘ultima upp per essere, o avere, cull!

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