IL SOVIET DI QUARTO OGGIARO

Finirà la mia nuova fissa per le foto dal taxi!? Certo che si, non sono mai stata costante in nulla, è la mia unica coerenza! Ma intanto posto questa nuova foto. Non è Berlino Est ma l’edilizia popolare anni 70, con le sue linee squadrate color cemento armato.
ps: non voleva essere una foto concettuale ma il dettaglio di una che non sa far di meglio!


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LE MIE OLIMPIADI

A proposito di Olimpiadi. Non mi hanno ammessa ad una disciplina perchè non ci sarebbe stata gara. Sono indiscussa campionessa mondiale di figure di merda!
Ad una serata di degustazione dedicata all’Emilia forse era prevedibile che i salumi sarebbero stati i grandi protagonisti. Avrei dovuto leggere un racconto.
Immaginate di sentire questa storia mangiando coppa piacentina, prosciutto e salame con gnocco fritto:

Non è un comune temporale estivo, il cielo vomita sulla città. I lampi sono colpi di frusta che sembrano dirmi: «non sfidare gli Dei, accosta e aspetta che passi la tempesta».
Ho 15 ore di lavoro sulle spalle perché oggi i tranvieri hanno deciso di scioperare. Sono troppo stanca per assecondare il cielo. Il mio taxi è un puntino bianco che si fa strada nella tempesta come un meteorite scagliato a razzo verso la terra, verso casa, se ne vede solo la scia, nulla lo può fermare! Tranne un vecchio cinese fradicio sotto un cartellone pubblicitario, subisce immobile l’assalto del cielo. Stringe al petto un fagotto.

Freno, sento le gomme scivolare sullo strato d’acqua. Il vecchio sale in macchina con la gioia di un viandante accolto in un rifugio asciutto. Il sedile posteriore produce un suono irritante, di spugna che s’inzuppa. Lo fisso perplessa, sono senza parole. Indossa un abito tradizionale cinese che sembra un pigiama di seta nera. Ha lunghi capelli bianchi e sfilacciati, raccolti in una coda sottile. Parla la lingua originale, suoni taglienti che sembrano provenire da un disco accelerato. Ora vedo meglio il fagotto: un maialino morto avvolto in un sacchetto di plastica trasparente che l’acqua lascia aderire alla carne rosa. Mi porge un biglietto umido, l’indirizzo è scritto sia in italiano che in cinese, gli ideogrammi colano verso il basso.

Le indicazioni conducono a un negozietto con l’insegna dipinta a mano, sulla soglia ci sono altri cinesi, anche loro portano con sè il macabro fagotto, egualmente morto e accuratamente imbustato. Il buon senso mi suggerisce di scaricare il vecchio senza fare domande, ma la curiosità è più grande della saggezza. Scendo dal taxi per aprirgli la portiera, lui ne approfitta e mi porge la busta, rabbrividisco. Oltre la plastica trasparente, percorsa da gocce d’acqua, il maialino sembra nudo. La vittima di un assurdo film dell’orrore, colta di sorpresa mentre si faceva la doccia. Gli occhi immobili sull’ultima emozione, la bocca sorpresa. Per un attimo sembra che l’urlo venga da quel corpo morto, piuttosto che dall’interno del negozietto. Risuona in tutta la via, violento, pieno di disperazione. La porta del negozio è un enorme vetro bianco latte, incastrato in un telaio di ferro, con grandi ideogrammi neri dipinti a tratti energici. Oltre quella porta stanno ammazzando qualcuno. È la bottega degli orrori.

Il vecchio siede ancora all’interno del taxi, ha un sorriso vago, indecifrabile, potrebbe essere un ghigno malvagio o un cenno per mascherare l’imbarazzo, questa ambiguità accresce la mia paura, lui lo sa, la paura si sente! E’ un fulmine che ti piomba nel corpo, è una scarica improvvisa di adrenalina, la biochimica che ti dice: «si mette male». Gli altri cinesi sembrano stranamente indifferenti alla mia presenza, immobili come l’esercito di terracotta, fissano increduli la vetrina del negozio. Vorrei dire: «va bene, si è fatto tardi, a casa mi aspettano…» ma un uomo accasciato e nudo colpisce la porta del negozio dall’interno, subito si ritrae con uno scatto che pare innaturale, ne rimane solo una scia, rossa, lungo il vetro candido come carta di riso, proprio sotto il nero degli ideogrammi, sembra un timbro, un antico sigillo imperiale.

Oltre le persiane chiuse colpite dalla pioggia ci sarà un’altra persona che ad agosto è rimasta in città. Qualcuno che sente queste urla e sta chiamando la polizia, non pretendo che scenda a salvarmi. Ma è più probabile che stia filmando la scena per metterla su youtube, in agosto a Milano resta solo il disagio sociale.

Sento le urla avvicinarsi nuovamente, l’ombra sbatte ripetutamente contro il vetro, irradiandolo di schizzi. La porta vibra sotto ogni colpo, sta per cedere, si spalanca con uno scatto secco: un maiale fugge lungo la via buia, perde sangue dalla gola tagliata. Ecco l’uomo che la mia fantasia ha visto nudo, ferito, accasciato, si tratta di un maiale sfuggito a metà dell’opera. È inseguito dal suo assassino. Il macellaio brandisce un coltello, indossa un camice sudicio, le macchie di sangue fresco si sovrappongono a quelle più scure di sangue rappreso. L’urlo di un maiale ferito è spaventosamente umano, ricorda quello isterico delle donne nei film in bianco e nero, pare un soprano costretta a cantare mentre fa i gargarismi. Il macellaio si volta verso di noi, parla cinese, si rivolge ai suoi connazionali, con il braccio fa segno di seguirlo, nessuno bada a me, è come se non esistessi, sono solo una tassista capitata nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

La pioggia scende sempre più fitta, sfumando i contorni. L’animale corre disperato inseguito dai cinesi, una tribù isterica rincorre un annaffiatoio a quattro zampe che spruzza sangue ovunque, ne resta una striscia liquida anche sulla portiera del mio taxi, all’altezza della scritta “Comune di Milano”, goccioloni tondi di sangue denso e scuro come cioccolata che la pioggia allarga e dissolve. La corsa del maiale si fa sempre più fiacca, affannosa, la vita lentamente si svuota sul marciapiede.

Preso! «Fu huò, fu huò», urla un cinese che è riuscito ad afferragli una zampa posteriore, guarda i suoi compari con aria soddisfatta, trionfante. Trascina l’animale per un breve tratto, la sagoma rosa lascia sotto di sé una scia scomposta, simile al colpo di un pittore per pulire il pennello.

Il maiale giace sull’asfalto nero, tirato a lucido dal temporale, respira a fatica, l’urlo ormai è un rantolo, ha gli occhi sbarrati, disperati. Un corpo nudo e pallido sdraiato al centro di una strada nera. Una pietà suina! Grottesca e insieme tragica. Come una lacrima un rivolo d’acqua e di sangue scende verso un tombino, porta con sè un mozzicone di sigaretta, la carta di una caramella e il foglietto con il pensiero di un Bacio Perugina, chissà che c’è scritto? Mi avvicino per leggerlo ma il macellaio lancia una secchiata d’acqua sulla pozza si sangue, un’onda improvvisa tira uno schiaffo all’asfalto mischiando sangue e sporcizia. Alzo lo sguardo, fisso il cinese con odio. Lui non capisce, non gli importa capire. Solleva il mento, mi rivolge parole taglienti, come se avesse una lametta conficcata in gola, ha in mano il portafoglio, indica il tassametro che nel frattempo ha continuato a girare: non ha misurato la strada ma gli ultimi respiri di un maiale che muore nella città vuota in agosto. Mi paga in modo sbrigativo, con la stessa naturale freddezza con cui ha ucciso, come un gesto ripetuto talmente tante volte da perderne il senso.

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TAXI LOVE


Ho scritto una poesia d’amore. Fa così:
Amore non è ricevere cioccolatini e un mazzo di fiori
ma il cambio dell’olio e le pastiglie dei freni!

Versione in prosa:
Amare qualcuno o qualcosa non è riprodurre un clichè ma prendersene cura.

Voto:
2 meno, meno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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RITORNO ALLA NOTTE

Il turno di notte è una di quelle cose che richiede un saggio bilanciamento costi/benefici: PREFERISCO ESSERE AMMAZZATA DA UNA RAPIANA CHE DA QUESTO CALDO. Non mi serve sapere altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

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CARTELLI


Mi rendo conto di essere forse un po’ in fissa con questa storia delle foto. Pazienza! Se vi capita di passare per Via Vittor Pisani ang. Viale Tunisia, date un’occhiata ai cartelli

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PSICOTAXI E FASTWEB

“Un Alberto Sordi in gonnella, versione terzo millennio (…) i clienti (…) li ascolta con curiosità e leggerezza” -  Se vi va di leggere l’articolo, potete cliccare sull’immagine:

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VIA SOLARI

Ho scattato questa foto in un cortile interno di Via Solari. La cliente tornava dalle vacanze carica di bagagli, mi ha chiesto di oltrepassare il cancello. Si è accorta che guardavo il murales.
“Neppure delle telecamere hanno paura”, mi ha detto allungandomi i soldi. “Ma tanto so chi è stato…”.
“Gli faccia i miei complimenti”.

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LIFE IS DIFFICULT BUT IT’S BEAUTIFUL

Ho portato un budda americano, felice mangiava la sua granita colorata e appiccicosa, mentre gli colava sulla mano. Non sapevo come dire in inglese: “fai cadere anche una sola una goccia che mi  rifaccio i sedili di fantozziana pelle umana, la tua!”.
E’ stato allora che mi ha ucciso con un sorriso e 6 parole: ”LIFE IS DIFFICULT BUT IT’S BEAUTIFUL”

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EDUCARE SPIRITI LIBERI

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RABBIA FREDDA

Devo leggere più di 200 mail, poi ci sono i messaggi, i commenti le notifiche su facebook e twitter. Per 10 giorni la mia connessione è rimasta inattiva. Ho navigato a fatica nel mare del servizio clienti del mio operatore telefonico. Completamente inutile, praticamente non serve a nulla, se non ad aumentarti la bolletta cercando di attivarti nuovi servizi ma nessuno ha saputo spiegarmi perchè la mia linea fosse interrotta, o come riattivarla, che è meglio! Ho collezionato insulti e telefoni in faccia fino all’ultima offerta promozionale, ovvero, la goccia nel calice colmo della mia pazienza.

Ore 13.07 – Calo di zuccheri e fretta isterica – le basi fondamentali per una crisi di nervi. E’ il momento meno opportuno per ricevere una telefonata. “Buongiorno, sono Cristina, chiamo per conto di Fastweb, ho importante comunicazione, e bla, bla, bla…”. Strano, nessuna isteria. Mossa da una furia lucida, da una rabbia fredda, ho:

1. Buttato giù il telefono, fin qui mi pare semplice!

2. Cercato il numero di centralino della sede legale del mio operatore telefonico. Un prefisso seguito da quattro numeri.

3. Per raggiungere gli interni è sufficiente aggiungere 4 numeri, i primi sono sempre quelli. E’ importante trascrivere i numeri composti, per non ripeterli e per segnarvi l’interno dell’amministratore delegato che prima o poi, se affiancate la tenacia alla rabbia, e con un po’ di fortuna, raggiungerete. Le ho avute entrambe:

“Buongiorno, sono Sofia, la chiamo per conto di tutte che quelle persone a cui telefonate a casa, nei momenti meno opportuni..”

Ora ho nuovamente la linea e un articolo sulla pagina di fastweb!!!! Ma questa è un’altra storia per il prossimo post, intanto se volete, trovate qui il link:

http://www.fastweb.it/portale/canali/digital/digitalife/contenuti/articolo/?id=FL00967

 

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