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Ci sono anche due racconti scritti da me…

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CHINATOWN

Non è un comune temporale estivo, il cielo vomita sulla città. I lampi sono colpi di frusta che sembrano dirmi: «non sfidare gli Dei, accosta e aspetta che passi la tempesta».
Ho 15 ore di lavoro sulle spalle perché oggi i tranvieri hanno deciso di scioperare. Sono troppo stanca per assecondare il cielo. Il mio taxi è un puntino bianco che si fa strada nella tempesta come un meteorite scagliato a razzo verso la terra, verso casa, se ne vede solo la scia, nulla lo può fermare! Tranne un vecchio cinese fradicio sotto un cartellone pubblicitario, subisce immobile l’assalto del cielo. Stringe al petto un fagotto.

Freno, sento le gomme scivolare sullo strato d’acqua. Il vecchio sale in macchina con la gioia di un viandante accolto in un rifugio asciutto. Il sedile posteriore produce un suono irritante, di spugna che s’inzuppa. Lo fisso perplessa, sono senza parole. Indossa un abito tradizionale cinese che sembra un pigiama di seta nera. Ha lunghi capelli bianchi e sfilacciati, raccolti in una coda sottile. Parla la lingua originale, suoni taglienti che sembrano provenire da un disco accelerato. Ora vedo meglio il fagotto: un maialino morto avvolto in un sacchetto di plastica trasparente che l’acqua lascia aderire alla carne rosa. Mi porge un biglietto umido, l’indirizzo è scritto sia in italiano che in cinese, gli ideogrammi colano verso il basso.

Le indicazioni conducono a un negozietto con l’insegna dipinta a mano, sulla soglia ci sono altri cinesi, anche loro portano con sè il macabro fagotto, egualmente morto e accuratamente imbustato. Il buon senso mi suggerisce di scaricare il vecchio senza fare domande, ma la curiosità è più grande della saggezza. Scendo dal taxi per aprirgli la portiera, lui ne approfitta e mi porge la busta, rabbrividisco. Oltre la plastica trasparente, percorsa da gocce d’acqua, il maialino sembra nudo. La vittima di un assurdo film dell’orrore, colta di sorpresa mentre si faceva la doccia. Gli occhi immobili sull’ultima emozione, la bocca sorpresa. Per un attimo sembra che l’urlo venga da quel corpo morto, piuttosto che dall’interno del negozietto. Risuona in tutta la via, violento, pieno di disperazione. La porta del negozio è un enorme vetro bianco latte, incastrato in un telaio di ferro, con grandi ideogrammi neri dipinti a tratti energici. Oltre quella porta stanno ammazzando qualcuno. È la bottega degli orrori.

Il vecchio siede ancora all’interno del taxi, ha un sorriso vago, indecifrabile, potrebbe essere un ghigno malvagio o un cenno per mascherare l’imbarazzo, questa ambiguità accresce la mia paura, lui lo sa, la paura si sente! E’ un fulmine che ti piomba nel corpo, è una scarica improvvisa di adrenalina, la biochimica che ti dice: «si mette male». Gli altri cinesi sembrano stranamente indifferenti alla mia presenza, immobili come l’esercito di terracotta, fissano increduli la vetrina del negozio. Vorrei dire: «va bene, si è fatto tardi, a casa mi aspettano…» ma un uomo accasciato e nudo colpisce la porta del negozio dall’interno, subito si ritrae con uno scatto che pare innaturale, ne rimane solo una scia, rossa, lungo il vetro candido come carta di riso, proprio sotto il nero degli ideogrammi, sembra un timbro, un antico sigillo imperiale.

Oltre le persiane chiuse colpite dalla pioggia ci sarà un’altra persona che ad agosto è rimasta in città. Qualcuno che sente queste urla e sta chiamando la polizia, non pretendo che scenda a salvarmi. Ma è più probabile che stia filmando la scena per metterla su youtube, in agosto a Milano resta solo il disagio sociale.

Sento le urla avvicinarsi nuovamente, l’ombra sbatte ripetutamente contro il vetro, irradiandolo di schizzi. La porta vibra sotto ogni colpo, sta per cedere, si spalanca con uno scatto secco: un maiale fugge lungo la via buia, perde sangue dalla gola tagliata. Ecco l’uomo che la mia fantasia ha visto nudo, ferito, accasciato, si tratta di un maiale sfuggito a metà dell’opera. È inseguito dal suo assassino. Il macellaio brandisce un coltello, indossa un camice sudicio, le macchie di sangue fresco si sovrappongono a quelle più scure di sangue rappreso. L’urlo di un maiale ferito è spaventosamente umano, ricorda quello isterico delle donne nei film in bianco e nero, pare un soprano costretta a cantare mentre fa i gargarismi. Il macellaio si volta verso di noi, parla cinese, si rivolge ai suoi connazionali, con il braccio fa segno di seguirlo, nessuno bada a me, è come se non esistessi, sono solo una tassista capitata nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

La pioggia scende sempre più fitta, sfumando i contorni. L’animale corre disperato inseguito dai cinesi, una tribù isterica rincorre un annaffiatoio a quattro zampe che spruzza sangue ovunque, ne resta una striscia liquida anche sulla portiera del mio taxi, all’altezza della scritta “Comune di Milano”, goccioloni tondi di sangue denso e scuro come cioccolata che la piaggia allarga e dissolve. La corsa del maiale si fa sempre più fiacca, affannosa, la vita lentamente si svuota sul marciapiede.

Preso! «Fu huò, fu huò», urla un cinese che è riuscito ad afferragli una zampa posteriore, guarda i suoi compari con aria soddisfatta, trionfante. Trascina l’animale per un breve tratto, la sagoma rosa lascia sotto di sé una scia scomposta, simile al colpo di un pittore per pulire il pennello. Il maiale giace sull’asfalto nero, tirato a lucido dal temporale, respira a fatica, l’urlo ormai è un rantolo, ha gli occhi sbarrati, disperati. Un corpo nudo e pallido sdraiato al centro di una strada nera. Una pietà suina! Grottesca e insieme tragica. Come una lacrima un rivolo d’acqua e di sangue scende verso un tombino, porta con sè un mozzicone di sigaretta, la carta di una caramella e il foglietto con il pensiero di un Bacio Perugina, chissà che c’è scritto? Mi avvicino per leggerlo ma il macellaio lancia una secchiata d’acqua sulla pozza si sangue, un’onda improvvisa tira uno schiaffo all’asfalto mischiando sangue e sporcizia. Alzo lo sguardo, fisso il cinese con odio. Lui non capisce, non gli importa capire. Solleva il mento, mi rivolge parole taglienti, come se avesse una lametta conficcata in gola, ha in mano il portafoglio, indica il tassametro che nel frattempo ha continuato a girare: non ha misurato la strada ma gli ultimi respiri di un maiale che muore nella città vuota in agosto. Mi paga in modo sbrigativo, con la stessa naturale freddezza con cui ha ucciso, come un gesto ripetuto talmente tante volte da perderne il senso.

Raffaella – dal mio taxi

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FILOSOFI DA STRADA

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Non sono idealista, non me lo posso permettere.

 

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di Maria Sorbi

I tassisti abusivi adescano i clienti fuori dagli aeroporti e rubano il lavoro alle auto bianche in regola. Senza tassametro, senza tariffa fissa, si fanno pagare più del dovuto per una corsa. I tassisti sono furenti: «Abbiamo perso il 30 per cento dei clienti». Insieme a Sea, la società che gestisce gli scali lombardi, hanno deciso di diffonere messaggi informativi fra i turisti. A bordo delle navette e dei pulmini ci saranno cartelli per spiegare agli stranieri che «i taxi sono solo bianchi» e verranno diffusi messaggi registrati all’interno degli aeroporti. Del problema degli abusivi si parlerà anche in Regione Lombardia durante gli incontri con gli assessori al Territorio Davide Boni e alle Infrastrutture Raffaele Cattaneo.

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Il far west delle auto abusive I tassisti: «Ci rubano il lavoro»
di Maria Sorbi

Parcheggiano l’auto poco distante dagli «arrivi internazionali» e si aggirano intorno alle porte scorrevoli dell’aeroporto a caccia di clienti. «Taxi, taxi for Milan?» chiedono agli stranieri con una tiritera martellante. Così, da anni, lavorano i noleggiatori abusivi. Decine, centinaia, spesso ex tassisti che vendono la licenza, si comprano la Mercedes e lavorano in proprio. Senza ricevuta, senza tariffa fissa, senza prezzi esposti all’interno dell’auto, senza tassametro. Magari hanno ottenuto la licenza da noleggiatori dal Comune di Venezia o da qualche piccolo Comune della Lombardia e lavorano tranquillamente dove pare a loro, senza averne diritto.
Gli stranieri che arrivano spaesati si fanno fregare spesso e volentieri e pagano più del doppio rispetto al taxi. Si arriva a 200 euro per andare dall’aeroporto di Malpensa fino al centro di Milano e si sforano i 100 euro per una corsa Linate-città. E solo 200 noleggiatori sono in regola. Gli altri sono per il fai-da-te.
I tassisti sono furenti: «Gli abusivi ci rubano il 30 per cento dei clienti, è una concorrenza del tutto sleale». La stessa solfa si ripete davanti alla stazione Centrale e davanti agli hotel di lusso: «Spesso i noleggiatori abusivi – denunciano i sindacati dei tassisti – si accordano con il personale degli alberghi e si fanno cercare i clienti in cambio di una percentuale». Non solo: gli abusivi si prendono la libertà di avvicinarsi ai clienti, di andare a cercarli per strada o davanti al rullo dei bagagli. Se un tassista in regola facesse la stessa cosa sarebbe punibile con una sospensione della licenza di oltre un mese.
Le auto bianche cercano di mettere fine alla giungla che ogni giorno si ripete di fronte agli aeroporti. Al loro fianco ora si schiera anche la Sea, la società che gestisce gli scali. «Ci siamo incontrati con i tecnici – spiega Raffaella Piccinni, rappresentante delle sigle sindacali Sitp, Sal, Adit – per studiare il modo di combattere il fenomeno degli abusivi. A breve verranno diffusi messaggi registrati all’interno dell’aeroporto per mettere in guardia i turisti e ci saranno cartelli a bordo delle navette per spiegare che i taxi sono solo quelli bianchi».
Dell’argomento si parlerà anche la prossima settimana durante l’incontro tecnico con la Regione Lombardia. I tassisti sono insofferenti. Nei fatti, la situazione non è cambiata nemmeno dopo il decreto milleproroghe e si continuano a chiedere regole chiare. «È assurdo che gli abusivi lavorino dove vogliono, anche se la loro licenza riguarda solo un Comune. Noi invece possiamo sostare davanti agli aeroporti solo dopo un’ora dall’inizio del nostro turno di lavoro, perdendo di fatto del lavoro». A quanto pare tra gli abusivi vige solo una regola. Se sei nuovo nel giro vieni aiutato a procacciare qualche cliente (in cambio di una percentuale) ma devi rispettare una clausola: mai dare il biglietto da visita a nessuno. Ruberesti i clienti ai più anziani del gruppo. Anche il far west ha la sua legge.

Maria Sorbi


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(30 aprile 2009) – Milano

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i tavoli sindacali…

…ma tu dovresti accordarti, noi altri ci siamo da cento anni, no, ma cosa c’entra che i dinosauri si sono estinti, noi no, la gente è ingenua, è credulona.. ma lascia stare che la gente ci ha dato la tessera, tu, tu sei intelligente, sei brava.. la sua mano sudata sul braccio, la sua mano mafiosa.. ci siamo già noi, noi da cento anni.. E’ COSA NOSTRA..

"Davanti a due strade divergenti in un bosco, mi incamminai lungo quella meno battuta, e questo ha fatto la differenza" Robert Frost

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Pasqua 2009

  La mia personale tradizione da anni segue lo stesso schema. Mi sveglio con calma, faccio colazione con una colomba simile ad uno spugnone sfogliando il giornale. I cristiani festeggiano la resurrezione, gli ebrei la liberazione, il consumismo le milioni di uova vendute. Quest’anno ho anch’io qualcosa da festeggiare, più terrena, meno importante, LA NOSTRA DENUNCIA CONTRO IL COMUNE DI MILANO (UFFICIO AUTO PUBBLICHE) E’ SULLE PAGINE DEL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA.

  In tempi in cui molti credono più nell’oroscopo che nell’impegno civile, voglio credere che le cose possono cambiare se si ha la volontà per farlo, sarebbe la migliore rinascita – Buona Pasqua a tutti.

(clicca sulle immagini per leggere il testo) 

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ABUSI…
Facciamoci sentire
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

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PSICOTAXI…

  Vestita di bianco nella primavera che avanza, gentile, quasi timida, come se dovesse chiedere scusa per il solo fatto di esistere. "Anni fa", confida mentre il traffico c'imprigiona, "mio marito si è suicidato…"

 

  Il cliente successivo esce da una palestra, l'odore di borotalco riempie il taxi, "mica perchè mi diverto", dice,"in palestra ci lavoro". Corre, non ha tempo, deve andare al pub dove a nero fa il cameriere per pagarsi l'affitto di un monolocale. "Non avrei dovuto – sostiene – venire a Milano, smettere di studiare. Non avrei dovuto andare a vivere con lui  ma ora ho  preso un cane".

 

  Sensi di colpa! Non c'è nulla di più inutile. Lasciate perdere le consolazioni, non credete alle pacche sulle spalle; a chi dice "stai tranquillo”. Teneteveli stretti gli errori!

 

 -  Se lo trovo lo linko… cosa? un film di fantascienza dell'89, anche se non si è mai vista un'Enterprice formato taxi!
 

   

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